COL: etimologia e definizione

Rédigé par Enrico Alberini

Etimologia

Col viene dal latino collum nel senso del collo. Questa parola col è attestata verso il XII in francese, ma sarà utilizzata nel suo senso geografico solo a partire dal XVII secolo, sostituendo il vecchio port francese. Tuttavia, fu utilizzato a partire dal XV e XVI secolo in direzioni come il collo della vescica, poi il collo di un vaso.

Port viene da una radice indoeuropea per-attraversare> che darà in latino il passaggio>, attestato fin dal X secolo in antico francese (92 esempi pirenaici nello Chauvot).

Pas viene dal latino pandere, passus, viene utilizzato fin dal XII nel senso di passaggio, (passatore al XII). Littré (su 28 sensi di passo) dà il senso di “passaggio stretto e difficile in una montagna” con una citazione di Vaugelas per il tredicesimo senso (undicesimo senso: passaggio, dodicesimo: pertugio, quindicesimo: soglia). Secondo il Dizionario storico della lingua francese, a partire dal 1160-1174, passo designa un passaggio difficile spesso qualificato dall’antico aggettivo male (1176-1181), origine delle attuali Malpas; sostituito (XIII secolo) da cattivo da cui i passi cattivi e i Maupas attuali; si estenderà alla designazione di stretto (1530) o di défilé (1559), nomi desueti, salvo in toponimia (ad es. Pas di Calais, Pas di Susa).

Baisse viene dal latino Bassus che darà bassiare (lat.vulg.) poi baisser (francese nel XII) e infine baisse (nel XVI). Littré dà in 3º senso (su 4) “terreno inclinato”, ma senza riferimento alla montagna. Da quando viene utilizzato per designare un passo? Si trovano, infatti, soprattutto nelle Alpi Marittime (215 esempi nel Chauvot)!

Brèche attestato in francese nel 1119, verrebbe dall’alto tedesco Brecha frattura> derivato dal francique breka frattura, apertura> (218 esempi nel Chauvot).

Défilé (1643) è derivato dal latino filum fil> dando filo in basso latino (circa 1160) significa allora passaggio incassato (dove si può passare solo in coda).

Détroit è nato, prima nella forma destreit (1080) del latino districtus prevenuto, incatenato>. La parola, in primo luogo aggettivo, ha qualificato un passaggio stretto stretto (destreiz passagges). Mantenne questo significato fino al XVII secolo, quando si impose il senso moderno di bracci di mare stretti.

Passage (1080) è derivato dal verbo passare (1050) dal latino tardivo passare attraverso> derivato dal latino passus. Ha inizialmente designato un défilé in montagna, un port; ce ne sono ancora molti esempi (121 citazioni nel Chauvot).

In realtà, la maggior parte dei nostri termini, sinonimi di col (1), non devono nulla al francese, provengono dai numerosi dialetti e dialetti dei nostri tre grandi domini romanici (oïl, oc e franco-provenzale) e, naturalmente, anche da alcune delle nostre lingue regionali (per esempio alsaziano, basco, bretone, catalano, corso, …) e a questo titolo, non hanno diritto di citazione nei nostri dizionari classici, ma poco più in quelli, specializzati in geografia.

(1) una o due centinaia a seconda che ci si riferisca al glossario redatto a partire dal “Chauvot” o a quello che ho ottenuto da fonti esterne ( vedi il mio articolo “Come chiamare un col in Francia?” RVA n.6 ).

Definizione

Ecco alcuni esempi delle definizioni ottenute consultando dizionari classici:

  1. Petit e Grand Robert: “Depressione che forma un passaggio tra due cime montuose”, vedere breccia, défilé, stretto, gola, passo, port. Se ci si riferisce a questi diversi elementi, alcuni dei quali (défilé, stretto, gola) non evocano affatto per noi l’idea di passo, abbiamo un po’ l’impressione di girare in tondo: per breccia, nessun riferimento geografico; per défilé niente più, ma rinvio a corridoio e passaggio che evo bene l’idea di passo, a gola, rinvio a Cañon, passo, corridoio e porta; a passo, che ci è così familiare, nessun riferimento geografico neppure; solo port beneficia della menzione: “col dei Pirenei” e se si consulta  porta (introdotto per gola!) si troverà infine una definizione geografica: “passaggio stretto in una regione montagnosa”, che non corrisponde necessariamente alla realtà (ad esempio, in Isère, il col de Porte – ridondanza – non è precisamente un passaggio stretto).
  2. Le Robert – Dizionario storico della lingua francese: il significato pittorico, passo di montagna (dal 1635), secondo la definizione data dal piccolo e grande Robert, ha eliminato a poco a poco i vecchi termini porto, passo (che si diceva di un passaggio difficile) e stretto che hanno tutti preso e mantenuto altri sensi.
  3. Littré : (4a definizione su 8) “Punto di una catena montuosa dove il vertice, facendo una inflessione, offre un passaggio da un versante all’altro, tra i punti di attacco di due contrafforti”.
  4. Larousse del XX secolo: “Parte depressa di una cresta montuosa che permette di passare da un versante della montagna all’altro”. Syn.: défilé, stretto, gola, pas. Il passo è definito come un passaggio difficile e può avere il senso di passo o di stretto. Nel paragrafo “geografia” è indicato che la causa principale di formazione dei passi è l’azione dei torrenti che “scavando la loro base sempre più in alto nella montagna finiscono per determinare l’abbassamento della cresta separativa”! Essi determinano anche dei passi a monte situati sulla linea di colmo tra due valli di direzione opposta e dei passi di fianchi situati sulla linea di colmo tra due valli più o meno parallele. Tutto ciò mi sembra quantomeno curioso, se non azzardato.
  5. Larousse : “Parte depressa di una cresta montuosa, usata come passaggio”.

Nessuna di queste definizioni sembra veramente soddisfacente ad un cacciatore di passi che ha incontrato situazioni così diverse. L’ultima, la più breve e la più semplice, mi sembra la meno cattiva.

Vediamo ora cosa dicono i dizionari di geografia.

Prima ricerca (dizionario geografico di Hatier): “Quando una linea di cresta si abbassa per poi risalire, forma un colletto”. Bene!

Seconda ricerca (dizionario critico della Documentazione Francese: le parole della geografia): “Punto depresso tra due vertici, vicino su una cresta, che facilita il passaggio”. L’insieme è definito, in questa stessa opera, come un “avallamento abbastanza ampio nel profilo di una cresta, di un rilievo allungato, a immagine del dorso del cavallo”.

Nei dizionari si trovano anche le seguenti precisazioni:

  1. “Ogni passo è duale: in cavità rispetto alla linea di cresta, in rilievo rispetto alla strada, separa sia due monti che due valli; camminando a piedi sulle creste si scende verso i passi, attraverso la strada si valicano”. Ecco un’osservazione che sembra ben evidente, eppure quante volte ho ricevuto lettere di ciclisti che si chiedevano se avessero “varcato” questo o quel passo in questa situazione tuttavia “evidente” e inevitabile, … tranne che a superare tutti i passi partendo dalla valle più vicina (ammesso che ci sia sempre un sentiero)!
  2. “A volte i passi segnano il passaggio di un confine”. Penso che qui il termine confine debba essere preso in un senso molto generale di confine di dipartimento, di cantone, di comune, ecc. e non solo confine di stato, situazioni, che effettivamente si osservano molto spesso.
  3. “I passi si trovano spesso in zone deboli del basamento strutturale (rocce tenere, linea di faglia o di frantumazione) o sono abbassati dalla retrocessione delle teste di valloni”. Dati geomorfologici più convincenti dell’azione dei torrenti (da non confondere con l’azione del deflusso, assolutamente determinante).
  4. “Collet: piccolo passo”. Questa menzione del termine collet, nella sua accettazione geografica, è interessante, poiché nessuno dei dizionari citati precedentemente lo indicava, mentre questo termine appare 242 volte nello Chauvot! Per contro, in nessun dizionario si trova l’uso di questo termine nel senso di “collina”, benché probabilmente due volte più frequente che in quello di passo per numerose regioni come le Hautes Alpes e la Provenza..

Pas (dopo quello dei Col, è iltermine più diffuso: 905 esempi nello Chauvot) ; passaggio (sesto termine più diffuso: 121 esempi nello Chauvot); passe (5 esempi nello Chauvot, si dice in generale in francese di un passo molto alto e poco accessibile) sono sinonimi di passo, vicini al pass inglese o tedesco e si nota allora, che la funzione prevalga sulla forma.

Quanto al centinaio di termini supplementari che figurano nel nostro Chauvot, essi sono totalmente ignorati e a maggior ragione il secondo centinaio che ho scoperto nelle guide, glossari, ecc. o presso gli abitanti delle nostre regioni montagnose; termini locali superbamente ignorati dai topografi “d’oïl e di goguette” che hanno stabilito le nostre mappe cospargendoli di menzioni tautologiche.

Al termine di tale esame, si può concludere che un passo è caratterizzato da:

  1. un passaggio preferenziale tra due zone (valle, vallata, ecc.),
  2. una struttura di dimensioni molto variabili (dal punto alla cavità piuttosto ampia).

Si può andare oltre? Sarebbe interessante lanciarsi in una tipologia dei passi come aveva tentato di fare Ch. Guitton nella rivista dei 100 cols, N°10, determinando e descrivendo passi di linea di cresta, di fianco, di fondo di sinclinale, di Colli, tra due circhi, di giunture di spigoli così come brecce di creste e brecce di spigoli e tutto questo per concludere che la sua lista poteva ancora continuare, ma che tutto questo non serviva a molto!

La difficoltà provata a definire che cosa è un passo risiede senza dubbio nella diversità delle logiche utilizzate. Sembra che se ne possano definire quattro:

  1. la logica popolare, per la quale la nozione di passo è inseparabile, non solo da una forma di rilievo caratteristica (cedimento su una cresta formante scollo), ma anche, e soprattutto, dalla presenza di una via di comunicazione più o meno facile (cioè dalla strada carrozzabile al semplice sentiero) introducendo una duplice nozione storica e geografica,
  2. la logica scientifica dei geografi per i quali esiste un passo, se esso obbedisce ai criteri tassonomici delle forme del rilievo definite dalla disciplina (depressione su una cresta, che forma passaggio, sia esso iscritto o meno nella storia locale),
  3. la logica dei nomenclatori (i primi, quelli delle carte militari) che, pur basandosi sulla testimonianza popolare, privilegiarono il punto di vista nazionale per la denominazione; erano, purtroppo, spesso ignoranti delle lingue locali e più o meno ben addestrati alle definizioni scientifiche,
  4. la logica dei “rettificatori” (i membri delle società alpine o pirenaiche), buoni conoscitori della montagna, e a volte dei dialetti; che prendono spesso le parti degli autoctoni, restituendo allora abbastanza fedelmente gli appellativi e i nomi propri popolari; tuttavia, nell’intento di dare un’apparenza di scientificità alla loro pratica sportiva, essi hanno avuto talvolta tendenza a stabilire le loro proprie concezioni e scelte di denominazioni, È una pratica che si spinge fino all’assurdo quando concede lo status di passo a depressioni invalicabili dai comuni mortali.

Da questo concerto improvvisato è nata una certa confusione dei generi, variabile a seconda delle regioni. In sostanza, l’arbitrio delle carte riguarda la scelta del determinante (col, passo, breccia, colletto, passaggio, ecc., o niente del tutto) e il problema riguarda meno spesso la montagna propriamente detta che le regioni di piemontesi dove la scelta di nominare “col de…” l’uno o l’altro dei passaggi storici tra due località è talvolta il più puro arbitrio. Perché questo? E non il suo vicino “col” come lui? Da qui le frustrazioni espresse da molti membri della Confraternita dei 100 Cols. Le carte sono ovviamente lacunose, soprattutto per quanto riguarda i passi secondari o i passaggi caduti in disuso.

Sarebbe senza dubbio difficile, ma forse non senza interesse, in una prospettiva di restauro del patrimonio, lanciarsi in un inventario più esaustivo dei passaggi di media e bassa montagna, cioè in una cartografia che si darebbe per obiettivo, sulla base di documentazioni storiche e geografiche (mappe antiche, catasti attuali o antichi, guide locali, cronache locali, ecc.), di restituire i passi dimenticati.

Ultima osservazione che vale tanto per l’etimologia quanto per la definizione. Mentre per un moderno un passo è un punto basso in una catena montuosa, per un romano o un gallo-romano era invece il punto più alto di un itinerario. Questa osservazione, illustrata da esempi quali: Gavrus mons sulla tavola di Peutinger (col di Cabre attuale), Mont Iseran sulla carta di Cassini (col dell’Iseran) o Mont Sion (col di Sion), punto più alto della strada Ginevra-Annecy, giustifica l’introduzione di monte (e mons) nel glossario in cui figurano già i loro equivalenti, quali il basco “Mendi” o il guascone “cap”.

Questo argomento meriterebbe senza dubbio molte altre considerazioni, molti commenti sarebbero necessari, quindi se non esitate a comunicarmi le vostre riflessioni o i vostri interrogativi, mi sforzerò di rispondervi.

Agosto 1997 – Michel de Brébisson

– Aggiornamento: dicembre 1999 –